venerdì 19 settembre 2008
La Rosa dei Venti
La rosa dei venti è la rappresentazione schematica dei punti cardinali: Nord, Sud, Est e Ovest e delle direzioni da questi determinate, diffusasi a partire dalla Repubblica di Amalfi, ai tempi delle Repubbliche Marinare. Per il Mediterraneo è centrata a Malta.
Rosa dei venti a 4 punte
Rosa dei venti a 8 punte
Rosa dei venti a 16 punte
La rosa dei venti più semplice è quella a 4 punte formata dai soli quattro punti cardinali:
Nord (N 0°) anche detto settentrione o mezzanotte e dal quale spira il vento detto tramontana
Sud (S 180°) anche detto meridione e dal quale spira il vento detto mezzogiorno oppure ostro
Est (E 90°) anche detto oriente o levante e dal quale spira il vento detto levante
Ovest (W 270°) anche detto occidente o ponente e dal quale spira il vento detto ponente
Tra i quattro punti cardinali principali si possono fissare 4 punti intermedi:
Nord-Ovest (NW 315°), dal quale spira il vento di maestrale (carnasein);
Nord-Est (NE 45°), dal quale spira il vento di grecale;
Sud-Est (SE 135°), dal quale spira il vento di scirocco (garbino umido);
Sud-Ovest (SW 225°), dal quale spira il vento di libeccio (garbino secco).
I nomi delle direzioni NE, SE, SO e NO derivano dal fatto che la rosa dei venti veniva raffigurata, nelle prime rappresentazioni cartografiche del Mediterraneo, al centro del Mar Ionio oppure vicino all'isola di Zante. In quella posizione, a NE, approssimativamente, c'è la Grecia, da cui il nome grecale per la direzione NE-SO; a SE vi è la Siria, da cui il nome scirocco per la direzione SE-NO; a SO vi è la Libia, da cui il nome libeccio per la direzione SO-NE. Infine per la direzione NO-SE il nome Maestrale discende da magister, cioè la direzione da Roma o Venezia, la via maestra dal porto di origine.
Questi quattro uniti ai quattro punti cardinali formano la rosa dei venti a 8 punte.
Tra gli otto punti sopra individuati è possibile indicarne altri otto ottenendo così una rosa dei venti a 16 punte. I nuovi otto punti sono in senso orario: Nord-Nord-Est, Est-Nord-Est, Est-Sud-Est, Sud-Sud-Est, Sud-Sud-Ovest, Ovest-Sud-Ovest, Ovest-Nord-Ovest e Nord-Nord-Ovest.
Anticamente ogni bussola recava, sullo sfondo, l'immagine di una rosa dei venti a 32 punte. L'orizzonte veniva così suddiviso in trentadue parti, che prendevano il nome di quarte; esse servivano come unità di misura approssimativa nelle manovre di accostamento (es: accosta due quarte a dritta). Per la forma che si viene a formare nel disegnarle prendono anche il nome di rombi.
Un tempo, in Italia, le rappresentazioni cartografiche comprendevano una rosa dei venti che indicava i punti cardinali. Oggi sì è solito indicare i quattro punti cardinali e le direzioni componenti con (in senso orario da Nord): N, NE, E, SE, S, SO o SW, O o W, NO o NW; allora con le diciture Tr (Tramontana), G (Greco), + (una croce indicava il Levante), S (Scirocco), O (Ostro), L (Libeccio), P (Ponente), M (Maestro).
Lungo le vie del Vento
Lungo le vie del vento, segnate sulle carte,
sull’azzurro pianeta, che vita ci dà,
forse si può, rubare al cielo qualche nube forse si può,
rubare al sole un po’ di luce forse si può,
forse si può, rubare il bianco della neve, forse si può,
in una stanza vuota, pensare a questo, forse si può
ed inventare nuovi sogni, che nessuno ha mai sognato,
scrivere un libro di tre fogli, senza una parola amara,
ed una canzone senza fine, per cantare tutti insieme,
forse si può, forse si può…
Lungo le vie del tempo, segnato dai ricordi,
e da un attimo, che vita ci dà,
forse si può, essere leoni ma non re, forse si può,
forse si può, essere uomini e non numeri, forse si può,
in una stanza vuota, pensare a questo, forse si può
ed inventare nuovi sogni, che nessuno ha mai sognato,
scrivere un libro di tre fogli, senza una parola amara,
ed una canzone senza fine, per cantare tutti insieme,
forse si può, forse si può,
lungo le vie del vento, segnate sulle carte,
sull’azzurro pianeta, io mi sognerò,
lungo le vie del tempo, segnate dai ricordi,
e da grandi eroi, io mi sognerò…
Nomadi
sull’azzurro pianeta, che vita ci dà,
forse si può, rubare al cielo qualche nube forse si può,
rubare al sole un po’ di luce forse si può,
forse si può, rubare il bianco della neve, forse si può,
in una stanza vuota, pensare a questo, forse si può
ed inventare nuovi sogni, che nessuno ha mai sognato,
scrivere un libro di tre fogli, senza una parola amara,
ed una canzone senza fine, per cantare tutti insieme,
forse si può, forse si può…
Lungo le vie del tempo, segnato dai ricordi,
e da un attimo, che vita ci dà,
forse si può, essere leoni ma non re, forse si può,
forse si può, essere uomini e non numeri, forse si può,
in una stanza vuota, pensare a questo, forse si può
ed inventare nuovi sogni, che nessuno ha mai sognato,
scrivere un libro di tre fogli, senza una parola amara,
ed una canzone senza fine, per cantare tutti insieme,
forse si può, forse si può,
lungo le vie del vento, segnate sulle carte,
sull’azzurro pianeta, io mi sognerò,
lungo le vie del tempo, segnate dai ricordi,
e da grandi eroi, io mi sognerò…
Nomadi
Il Respiro di Dio
Il respiro di Dio
Nell’immaginario umano, che li vede associati alla Parola di Dio, formati dalla stessa sostanza eterea e luminosa delle nubi, gli angeli solcano i cieli velocissimi; sfrecciano alla velocità del pensiero slegati dal concetto di tempo e spazio. Gli angeli sono là dove il loro compito li porta, con l’aerea leggerezza del vento. E al vento sono spesso stati associati. La narrazione biblica della Creazione inizia proprio con lo Spirito di Dio che alitava come vento sopra le acque. Il vento come respiro di Dio, il vento come portatore del soffio vitale. Il vento è stato anche immaginato come energia che, trasportata dagli angeli, si trasmette ai pianeti permettendo loro così di ruotare nello spazio ad essi assegnato. Il vento come motore.
Così ne parla Dionigi l'Aeropagita nel suo "Gerarchia Celeste" :
Il fatto che alle Intelligenze si dia il nome di "venti" sta ad indicare la rapidità del loro volo, che su tutto si estende quasi istantaneamente, e il movimento che le porta dall’alto in basso, che innalza le entità del secondo ordine alla vetta più eccelsa e che spinge le entità primarie a procedere a scopo provvidenziale verso le inferiori, per una comunione con esse. Si potrebbe anche dire che lo stesso attributo "ventoso" di soffio d’aria dato allo spirito (pneuma) ci rivela il carattere divino delle intelligenze celesti.
Il concetto è molto antico, ma non sempre collegati al vento troveremo angeli buoni. Il vento in sé può essere vita, ma anche distruzione. Nell’apocrifo "libro di Enoch", il profeta racconta la sua visione:
E ai confini della Terra, vidi dodici porte aperte a tutti i venti, dalle quali i venti uscivano e soffiavano sulla Terra... Da quattro di esse uscivano i venti della benedizione e della salute, da quelle otto, uscivano i venti del castigo: quando venivano inviati distruggevano tutta la terra, l’acqua che vi è sopra, tutti coloro che vi dimoravano e tutto quello che sta nell’ascqua e nell’asciutto.
Forse il riferimento più importante proviene dall’Apolicasse: al capitolo 7 così narra Giovanni:
Vidi quattro angeli in piedi ai quattro angoli della Terra, che trattenevano i quattro venti affinché nessun vento soffiasse sulla terra, né sul mare né su alcun albero.
Gli angeli, in quanto custodi dei venti e rigidi esecutori della volontà divina, non esitano a riversare il flagello sul pianeta se questo è il comando. Ritroviamo il concetto degli angeli reggitori dei venti nel vangelo apocrifo di Bartolomeo:
Ma ci sono anche quattro angeli preposti ai venti: uno a Borea il cui nome è Chairum, che tiene in mano una verga di fuoco... Un altro angelo è sopra il vento del Nord e il suo nome è Oertha... E l’angelo che è sopra il vento di sud-ovest è chiamato Nautha...
Anche il Corano dà ai venti una interpretazione particolare, sfiorandone l’argomento nella sura 25,48:
E’ lui , quegli che spedisce i venti come nunzi di buone novelle, avanti alla Sua misericordia.
Nella concezione zoroastriana, Vayu, il vento, è una divinità dell’aria, sottoposta ad Ahura Mazda, ma è una dinività ambivalente, buona e malvagia allo stesso tempo. Vayu è il respiro dell’universo, ma è anche l’alito vitale dell’uomo. Così come il vento può suscitare la lieve brezza della sera o può scatenare uragani, con lo stesso potere, Vayu può dare o togliere il respiro dell’uomo; può trasportare l’anima in una nuova incarnazione, o strapparla via ad un vivente e trascinarla lontano.
Ritroviamo nella Grecia classica i venti come gli accompagnatori delle anime nel lungo viaggio dopo la vita. Il dolce Zefiro ha come compagna Borea, la minacciosa, impetuosa portatrice del vento del nord, ossia il soffio gelido della morte. Entrambi avevano il compito di condurre i defunti nell’aldilà, verso le Isole Beate.
Col sopraggiungere della cristianità, questo compito venne affidato a categorie particolari di angeli accompagnatori, sotto la guida dell’Arcangelo Michele. Nella liturgia preconciliare, all’offertorio della Messa funebre veniva invocato: "Michele il signifero si presenti nella luce santa promessa ad Abramo". Dopo il concilio, la liturgia venne così modificata: "In paradisum deducant te Angeli" che comunque, pur avendo omesso il nome di Michele, lascia intatto il significato.
Col passare dei secoli, i ricordi e le tradizioni si sovrappongo l’un l’altra. Con il mutare delle religioni e delle culture mutano i nomi delle divinità, ma non la funzione che queste esplicano in aiuto dell’uomo. Ecco un esempio significativo.
Johannes Malala, un viaggiatore e cronista vissuto tra il 491 ed il 578, narra che nei dintorni di Bisanzio, con l’avanzata del cristianesimo, il culto dell’Arcangelo Michele aveva soppiantato quello di un demone pagano di nome Soshistene. In pratica, questo demone, signore di quella zona del Bosforo, era il custode del vento di Borea, il cui soffio impetuoso regolava l’uscita o l’entrata delle imbarcazioni nel Mar Nero. La devozione popolare era passata dal paganesimo al cristianesimo, ma le necessità di propiziarsi il vento a favore erano rimaste immutate, così, per non irritare i catecumeni, venne cambiato soltanto il nome e l’aspetto iconografico del "signore del Vento", non il suo compito. In effetti, in quel luogo come in qualunque altro, l’angelo reggitore del Vento è sempre esistito: quando l’uomo lì si insediò, l’angelo rispose alle richieste di intervento che giungevano fino a lui, prima come Soshistene, poi come Michael.
Nell’immaginario umano, che li vede associati alla Parola di Dio, formati dalla stessa sostanza eterea e luminosa delle nubi, gli angeli solcano i cieli velocissimi; sfrecciano alla velocità del pensiero slegati dal concetto di tempo e spazio. Gli angeli sono là dove il loro compito li porta, con l’aerea leggerezza del vento. E al vento sono spesso stati associati. La narrazione biblica della Creazione inizia proprio con lo Spirito di Dio che alitava come vento sopra le acque. Il vento come respiro di Dio, il vento come portatore del soffio vitale. Il vento è stato anche immaginato come energia che, trasportata dagli angeli, si trasmette ai pianeti permettendo loro così di ruotare nello spazio ad essi assegnato. Il vento come motore.
Così ne parla Dionigi l'Aeropagita nel suo "Gerarchia Celeste" :
Il fatto che alle Intelligenze si dia il nome di "venti" sta ad indicare la rapidità del loro volo, che su tutto si estende quasi istantaneamente, e il movimento che le porta dall’alto in basso, che innalza le entità del secondo ordine alla vetta più eccelsa e che spinge le entità primarie a procedere a scopo provvidenziale verso le inferiori, per una comunione con esse. Si potrebbe anche dire che lo stesso attributo "ventoso" di soffio d’aria dato allo spirito (pneuma) ci rivela il carattere divino delle intelligenze celesti.
Il concetto è molto antico, ma non sempre collegati al vento troveremo angeli buoni. Il vento in sé può essere vita, ma anche distruzione. Nell’apocrifo "libro di Enoch", il profeta racconta la sua visione:
E ai confini della Terra, vidi dodici porte aperte a tutti i venti, dalle quali i venti uscivano e soffiavano sulla Terra... Da quattro di esse uscivano i venti della benedizione e della salute, da quelle otto, uscivano i venti del castigo: quando venivano inviati distruggevano tutta la terra, l’acqua che vi è sopra, tutti coloro che vi dimoravano e tutto quello che sta nell’ascqua e nell’asciutto.
Forse il riferimento più importante proviene dall’Apolicasse: al capitolo 7 così narra Giovanni:
Vidi quattro angeli in piedi ai quattro angoli della Terra, che trattenevano i quattro venti affinché nessun vento soffiasse sulla terra, né sul mare né su alcun albero.
Gli angeli, in quanto custodi dei venti e rigidi esecutori della volontà divina, non esitano a riversare il flagello sul pianeta se questo è il comando. Ritroviamo il concetto degli angeli reggitori dei venti nel vangelo apocrifo di Bartolomeo:
Ma ci sono anche quattro angeli preposti ai venti: uno a Borea il cui nome è Chairum, che tiene in mano una verga di fuoco... Un altro angelo è sopra il vento del Nord e il suo nome è Oertha... E l’angelo che è sopra il vento di sud-ovest è chiamato Nautha...
Anche il Corano dà ai venti una interpretazione particolare, sfiorandone l’argomento nella sura 25,48:
E’ lui , quegli che spedisce i venti come nunzi di buone novelle, avanti alla Sua misericordia.
Nella concezione zoroastriana, Vayu, il vento, è una divinità dell’aria, sottoposta ad Ahura Mazda, ma è una dinività ambivalente, buona e malvagia allo stesso tempo. Vayu è il respiro dell’universo, ma è anche l’alito vitale dell’uomo. Così come il vento può suscitare la lieve brezza della sera o può scatenare uragani, con lo stesso potere, Vayu può dare o togliere il respiro dell’uomo; può trasportare l’anima in una nuova incarnazione, o strapparla via ad un vivente e trascinarla lontano.
Ritroviamo nella Grecia classica i venti come gli accompagnatori delle anime nel lungo viaggio dopo la vita. Il dolce Zefiro ha come compagna Borea, la minacciosa, impetuosa portatrice del vento del nord, ossia il soffio gelido della morte. Entrambi avevano il compito di condurre i defunti nell’aldilà, verso le Isole Beate.
Col sopraggiungere della cristianità, questo compito venne affidato a categorie particolari di angeli accompagnatori, sotto la guida dell’Arcangelo Michele. Nella liturgia preconciliare, all’offertorio della Messa funebre veniva invocato: "Michele il signifero si presenti nella luce santa promessa ad Abramo". Dopo il concilio, la liturgia venne così modificata: "In paradisum deducant te Angeli" che comunque, pur avendo omesso il nome di Michele, lascia intatto il significato.
Col passare dei secoli, i ricordi e le tradizioni si sovrappongo l’un l’altra. Con il mutare delle religioni e delle culture mutano i nomi delle divinità, ma non la funzione che queste esplicano in aiuto dell’uomo. Ecco un esempio significativo.
Johannes Malala, un viaggiatore e cronista vissuto tra il 491 ed il 578, narra che nei dintorni di Bisanzio, con l’avanzata del cristianesimo, il culto dell’Arcangelo Michele aveva soppiantato quello di un demone pagano di nome Soshistene. In pratica, questo demone, signore di quella zona del Bosforo, era il custode del vento di Borea, il cui soffio impetuoso regolava l’uscita o l’entrata delle imbarcazioni nel Mar Nero. La devozione popolare era passata dal paganesimo al cristianesimo, ma le necessità di propiziarsi il vento a favore erano rimaste immutate, così, per non irritare i catecumeni, venne cambiato soltanto il nome e l’aspetto iconografico del "signore del Vento", non il suo compito. In effetti, in quel luogo come in qualunque altro, l’angelo reggitore del Vento è sempre esistito: quando l’uomo lì si insediò, l’angelo rispose alle richieste di intervento che giungevano fino a lui, prima come Soshistene, poi come Michael.
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